BERGAMO: L’Ange de Nisida, 21 novembre 2019
L’ANGE DE NISIDA
Opera in quattro atti di Alphonse Royer e Gustave Vaez
Musica di Gaetano Donizetti
Edizione a cura di Candida Mantica (realizzazioni di Martin Fitzpatrick) © OperaRara / Peters, Lipsia; rappresentante per l’Italia Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano
Cabaletta inedita a cura di Candida Mantica (realizzazione di Federico Biscione) © Fondazione Teatro Donizetti
Direttore Jean-Luc Tingaud
Regia Francesco Micheli
Personaggi e Interpreti:
- Don Fernand d’Aragon Florian Sempey
- Don Gaspar Roberto Lorenzi
- Leone de Casaldi Konu Kim
- La comtesse Sylvia de Linarès Lidia Fridman
- Le Moine Federico Benetti
- Mimi Enrico Buongrazio, Luca Maniglio, Emanuele Marchetti, Michele Onori
Scene Angelo Sala
Costumi Margherita Baldoni
Lighting design Alessandro Andreoli
Assistenti alla regia Davide Gasparro, Erika Natati
Assistenti ai costumi Silvia Pasta, Valentina Volpi
Orchestra Donizetti Opera
Coro Donizetti Opera
Maestro del Coro Fabio Tartari
Nuovo allestimento e produzione della Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo
Prima rappresentazione assoluta in forma scenica
Teatro Donizetti, 21 novembre (Bergamo – Festival Donizetti 2019)
La storia è quella solita delle “convenienze ed inconvenienze teatrali”, in questo caso a Parigi nel 1839 e col fallimento del Teatro de la Reinassance e la conseguente caduta dal cartello dell’opera commissionata a Donizetti, su libretto dei “soliti” Alphonse Royer e Gustave Vaez, L‘ange de Nisida. Di Donizetti come del maiale, si scusi l’azzardato paragone, non si butta via niente e men che meno era disposto a gettare la fatica alle ortiche il buon Gaetano, che riciclò praticamente quasi tutto il riciclabile e già riciclato dalla mai finita Adelaide, ma anche della Maria Stuarda, per confezionare La Favorite che, proprio per la sua natura di “centone”, gli riuscì benissimo e rimane indiscusso ed universale capolavoro.
Espunse la parte comica, che per la Renaissance aveva doverosamente dovuto includere col personaggio del buffo Don Gaspar, faccendiere si direbbe oggi del re di Napoli Don Fernando d’Aragona, cambiò Sylvia de Linarès in un’altra sivigliana, Leonora, diede per nome Leone al poi smonacato Fernando e fece del re di Napoli quello di Spagna, Alfonso X … et voilà! Certo, col senno di poi – e cioè ascoltando finalmente L’ange de Nisida – la favoletta del quarto atto della Favorita scritto di getto dopo cena, mentre gli ospiti passeggiavano sui bolevards, fa “che ridere”. Si tratta, con minimi cambiamenti, del quarto atto dell’Ange. Un’opera che dopo la “prima” assoluta in forma di concerto al Covent Garden di Londra il 18 luglio dell’anno scorso, conosce finalmente la forma scenica a Bergamo, nel non ancora ultimato restauro del Teatro Donizetti, occupando lo spazio della platea e relegando, si fa per dire, il pubblico ai palchi ancora da finire e su una gradinata imbastita in palcoscenico.
Va detto che questa formula “full immersion” ha un’incredibile presa sul pubblico che vive così l’opera “dal di dentro”: Francesco Micheli, regista e direttore del Festival, ne sfrutta tutta la potenzialità con pochi elementi scenici (tele e tappeto e… null’altro) di Angelo Sala, con gli strabilianti costumi di Margherita Baldoni (una vera “esplosione”, specie nella seconda parte dell‘opera, per fantasia e colori e, soprattutto, per la realizzazione in carta che sottintende il rifacimento per ogni recita! Da non credere: il premio Abbiati lo merita di diritto: le giunga, comunque, il simbolico premio “impiccionesco“) e la sapiente e suggestiva illuminazione di Alessandro Andreoli. Micheli conosce a fondo il mestiere, agisce con estrema precisione sui movimenti dei solisti, del coro (inizialmente confinato in galleria, ma non perciò “passivo”) che nella seconda parte esegue vere e proprie coreografie. Insomma, uno spettacolo godibile, centratissimo al punto da far ipotizzare che il restauro del teatro non giunga mai a conclusione e si possa ripetere l’opera sempre così: ovviamente qui lo scrivo e qui lo nego! Il Teatro Donizetti va completato, speriamo presto e deve rifulgere quanto e più di prima.
La parte musicale è parsa felicissima e questo appuntamento (il più atteso, inutile negarlo) rappresenta, e con una notevole distanza dal resto, il momento clou del Festival. Ottima la direzione di Jean- Luc Tingaud impegnato nel non facile compito di seguire i cantanti a loro volta attenti ai monitor, in quanto il più spesso delle volte di spalle al direttore. Ci ha dimostrato che questo spartito, sebbene poi confluito altrove, ha una sua identità e se è vero che La Favorite rimarrà sempre… la favorita, al pari di Jérusalem per Verdi, quest’opera ha una sua identità e merita di continuare il bel percorso appena iniziato. Da sottolineare la bella prova offerta dell’Orchestra Donizetti Opera e l’ottima prestazione del coro sotto la guida del Maestro Fabio Tartari.
Il cast è parso di alto livello. Non conoscevo il tenore koreano Konu Kim e ne sono rimasto molto positivamente colpito: bella vocalità lirica, timbro dolce e vellutato, facilità all’acuto e pure ottimo fraseggiatore. Lo spartito gli riserva ben due arie, superlativa la resa nella seconda che apre il quarto atto col recitativo “La maitresse du Roi”, che sarà sostituita da “Spirto gentil” nella versione italiana della Favorita. Il baritono francese Florian Sempey mi era pure ignoto: mi è parso bravissimo, non solo ovviamente per l’idiomaticità del francese, per la nobile linea di canto, per la qualità della voce piena e completa su tutta a gamma. Il ruolo buffo di Don Gaspar, che praticamente si estingue col terzo atto, ha visto in scena lo spiritoso, assai ben in parte, baritono Roberto Lorenzi, mentre il Monaco con la bolla papale di scomunica e quindi nel conventuale quarto atto è stato il basso Federico Benetti.
Rimane buona ultima la Sylvia del soprano Lidiia Fridman, che è parsa semplicemente ideale per la stupenda linea di canto, forte di una vocalità sicura e precisa pure in acuto e per la sentita e convincente interpretazione. Un soprano 23enne che ci si ripromette di seguire con particolare attenzione.
Alla fine successo trionfale con applausi interminabili e con il busto di Donizetti bene in evidenza. Grazie, come sempre, caro Gaetano!
Andrea Merli