Torino: AGNESE – Ferdinando Paer Teatro Regio, 14 marzo 2019
Agnese
Dramma semiserio in due atti
Libretto di Luigi Buonavoglia
dalla commedia Agnese di Fitz-Henry di Filippo Casari
Musica di Ferdinando Paer
Edizione critica a cura di Giuliano Castellani
Prima rappresentazione in epoca moderna
Direttore d’orchestra Diego Fasolis
Regia Leo Muscato
Personaggi Interpreti:
- Agnese, figlia di Uberto soprano María Rey-Joly
- Uberto, padre d’Agnese baritono Markus Werba
- Ernesto, marito di Agnese tenore Edgardo Rocha
- Don Pasquale, intendente dell’Ospedale dei pazzi basso Filippo Morace
- Don Girolamo, protomedico tenore Andrea Giovannini
- Carlotta, figlia di Don Pasquale soprano Lucia Cirillo
- Vespina, sua cameriera soprano Giulia Della Peruta
- Il custode dei pazzi basso Federico Benetti
- Una bambina di sei anni, figlia di Agnese mimo Sofia La Cara
Esmeralda Bertini (17, 24)Maestro al cembalo Carlo Caputo
Scene Federica Parolini
Costumi Silvia Aymonino
Luci Alessandro Verazzi
Assistente alla regia Alessandra De Angelis
Assistente alle scene Anna Varaldo
Maestro del coro Andrea Secchi
Orchestra e Coro del Teatro Regio
Nuovo allestimento
Il periodo della “transizione”, politica e culturale, che comprende la fine del secolo dei lumi e l’inizio del romanticismo, in musica ha avuto quali massimi rappresentanti Cherubini, Spontini, Mayr e, appunto, Ferdinando Paer di cui la “ripescata” Agnese, titolo appartenente al genere semi serio ai tempi assai in voga, è da considerarsi il capolavoro. Riproposta dopo quasi due secoli di silenzio in forma concertistica a Lugano nel 2008, grazie alle cure di Giuliano Castellani che portò a termine l’edizione critica e alla direzione dello stesso Diego Fasolis, uno dei massimi direttori in campo barocco e non solo, come si è potuto apprezzare in questa prima versione in forma scenica offerta al Teatro Regio di Torino.
Il libretto di Luigi Buonavolontà, tratto dalla commedia Agnese di Fizendy di Filippo Casari e sua volta derivata dal romanzo The Father and Daughter di Amelia Opie, affronta un argomento molto frequente nel dramma semiserio, quello della pazzia con lieto fine. I tempi di Walter Scott e della sua Sposa di Lammermoor, pur incombenti, sono ancora da venire. Così pure la musica, che pure nel corso degli anni Paer modificò apportando cambiamenti assecondando il gusto del pubblico e degli interpreti – l’opera nacque in un contesto privato a Parma nel 1808, conobbe un immediato e diffuso successo, tant’è che alla ripresa parigina 1824 ne fu protagonista Giuditta Pasta – copre il passaggio da Mozart a Rossini, di cui potremmo schematicamente dire, riferendoci ai due geni assoluti, che il primo atto costituisce l’ideale seguito mozartiano, mentre il secondo, tenendo conto delle successive modifiche, risulta nel contempo un’anticipazione e un omaggio a Rossini, nonostante l’attrito sorto a Parigi tra i due.
Pesa sull’opera una certa prolissità teatrale di situazioni che richiederebbero, in verità, la forma di un atto unico e non delle quasi tre ore che dura l’opera, giustamente offerta al pubblico del Regio nella sua integrità. Si è trattato, comunque di un’operazione vincente. Possiamo dire che sia scenicamente che musicalmente Agnese è stata servita come meglio non si poteva, su un vassoio d’argento. Leo Muscato, grazie alle spiritose e dinamiche scene di Federica Paolini, degli agili contenitori costituiti da confezioni di medicinali fantasiosi col marchio di Paer, ai costumi altrettanto belli disegnati da Silvia Aymonino, caratterizzati con gusto ed ironia, alla perfetta illuminazione di Alessandro Verazzi, crea un gioco scenico che tiene desta l’attenzione con ritmi indiavolati e con una buona dose di sarcasmo. Ne scaturisce benissimo il lato comico, specie nel personaggio del direttore dell’ospedale psichiatrico Don Pasquale, il godibilissimo buffo Filippo Morace, ma anche quello patetico e pre-romantico, in primis il bravissimo baritono Markus Werba nei panni di Uberto, padre impazzito della protagonista Agnese, una non meno che sensazionale Marìa Rey-Joly, soprano spagnolo che si destreggia in un ruolo “Falcon” con grande scioltezza e facilità in acuto, e il non meno eccellente tenore uruguayano Edgardo Rocha, Ernesto vanesio libertino pentito, che si muove con grande disinvoltura negli estremi acuti del pentagramma e che canta con gusto ed eleganza. Altrettanto godibili, nei ruoli di fianco, la irruente e centratissima Carlotta, figlia di Don Pasquale, del mezzosoprano Lucia Cirillo, la brillante Vespina del soprano Giulia Della Peruta, che nella sua “aria da sorbetto” del secondo atto svetta in sovracuto, ed il Custode dei pazzi, affidato al pur bravo Federico Benetti.
Detta la prestazione del coro, ottimo anche per partecipazione scenica, istruito da Andrea Secchi, si concluda con la ammirevole direzione di Fasolis, il quale ha ritardato di alcuni minuti l’inizio dell’opera in quanto, giunto sul podio, si è accorto di non avere con sé gli occhiali da vista. E’ sembrata a molti una gag in più del divertente ed esilarante spettacolo, che ha preso il via con la bella sinfonia e che è stato ripetutamente interrotto da applausi a scena aperta da parte di un pubblico visibilmente felice e contento e anche piuttosto numeroso. Segno che si può osare, anche nei teatri di “repertorio”, con titoli meno noti.
Andrea Merli