TEATRO ALLA SCALA: La traviata – Giuseppe Verdi, 12 marzo 2019

TEATRO ALLA SCALA: La traviata – Giuseppe Verdi, 12 marzo 2019

 LA TRAVIATA

Melodramma in tre atti

Libretto di Francesco Maria Piave

Musica di GIUSEPPE VERDI

(Editore Casa Ricordi, Milano)

Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 6 marzo 1853

Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 29 dicembre 1859

Produzione Teatro alla Scala

 

Direttore MARCO ARMILIATO 

Regia LILIANA CAVANI

Personaggi e interpreti principali

  • Violetta Valéry Angel Blue
  • Alfredo Germont Francesco Meli
  • Giorgio Germont Plácido Domingo

 

Scene DANTE FERRETTI

Costumi GABRIELLA PESCUCCI

Coreografia MICHA VAN HOECKE

Luci MARCO FILIBECK

Coro, Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala

Maestro del Coro BRUNO CASONI

Teatro alla Scala, 12 marzo 2019


L’ennesima ripresa, si dirà, della “solita” Traviata “della Cavani”. Recite fuori abbonamento esauritissime a teatro straboccante pubblico, con una consolante presenza di under 30 specie in loggione da dove mi son voluto godere uno spettacolo che ormai conosco a memoria. La poltrona di platea, gentilmente offerta dall’Ufficio Stampa, l’ho scambiata per un posto di seconda galleria con una giovane studentessa di canto, alla sua prima Traviata in assoluto, che poi non finiva di ringraziarmi anche perché l’ho portata a salutare il “divo” della serata, Placido Domingo, disponibile e ben felice di farsi fotografare al fianco di una bella ragazza.

Salire in loggione dovrebbe essere un esercizio da eseguire più di frequente e non solo per l’ascesa di cinque piani di scale. A parte l’acustica, decisamente migliore specie se si occupa un posto in curva, è corroborante la presenza, appunto, di tanti ragazzi e di tanto entusiasmo. Ragazzi, alcuni al mio fianco, che hanno seguito l’opera con massima attenzione e facendo commenti molto pertinenti. Questo ricambio generazionale è motivo di soddisfazione e consolazione.

Sullo spettacolo, tante volte descritto, non è il caso di dilungarsi, sulla parte musicale sì. Innanzitutto il debutto sul podio di Marco Armiliato, direttore che ha acquistato fama internazionale proprio con il repertorio italiano. Non ha deluso, anzi: direzione accurata, tempi e ritmi giusti ed incalzanti, grande sostegno al palcoscenico. L’orchestra con questo titolo in particolare va a nozze e così pure il coro istruito sempre e benissimo da Bruno Casoni.

Protagonista doveva essere la bulgara Sonia Joncheva, invece è arrivata l’americana di colore (rompendo un “tabù” ed aprendo così la strada alla prima “Violetta nera” in Scala) Angel Blue, soprano che, per altro, si era già apprezzato in Porgy & Bess e nei panni di Musetta sotto la volta del Piermarini. Dopo un primo atto in cui si è percepita una certa, comprensibile, cautela ma pur sempre chiuso con un brillante Mi bemolle, tenuto spavaldamente a corona della cabaletta, la bella e veemente Violetta ha portato all’apice una recita intensa per temperamento e partecipazione, durante un secondo atto memorabile ed un non meno efficace terzo atto, seppure in parte inficiato da un’esagerazione di colpi di tosse che hanno rischiato di compromettere un “Addio del passato” coinvolgente e sofferto. Il trionfo che l’ha accolta alla ribalta finale l’ha in parte sorpresa, visibilmente commossa, ma era meritatissimo.

Così pure il trionfo personale tributato a Placido Domingo, e non solo come dovuto omaggio ad una carriera che non conosce tramonto. Inutile disquisire se il suo timbro sia o meno baritonale: Domingo, da tempo ormai, è … Domingo, e tanto basti. Stupisce, comunque e sempre, la tenuta di una voce ferma, proiettata con dovizia di armonici, intonatissima. Meraviglia la prestanza fisica in un uomo che ha ufficialmente varcato la venerabile soglia dei 78 anni. Dal punto di vista interpretativo, poi, non si discute: un grande, immenso artista. Il suo carisma ci ha attanagliati e tenuti con il fiato sospeso, salvo poi sbottare in prolungate urla di “Bravo!” dopo un “Di Provenza” che passerà alla Storia.

Francesco Meli, Alfredo lo è ormai in carne ed ossa: ha tutto del giovane innamorato, l’irruenza, la passione, il fisico ideale e anche un’eleganza insolita che si risolve in un canto sfumato, ardimentoso e pieno di colori e sfumature. Ma tutto il livello del cast si è dimostrato altissimo, con una serie di parti di fianco all’altezza dei tre protagonisti. Piace ricordare il bel Gastone di Riccardo Della Sciucca, che non si vede l’ora di ascoltare in ruoli più impegnativi, il poderoso Marchese di Antonio Di Matteo, le bravissime Chiara Isotton, Flora e Caterina Piva, Annina, gli altrettanto preziosi Dottor Grenvil di Alessandro Spina e Barone Douphol di Costantino Finucci, tutti festeggiatissimi alla fine in un tripudio di applausi e di lancio di fiori. Una bella serata, di quelle in cui esci dal teatro quasi aleggiando per le emozioni vissute.

Andrea Merli

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