Teatro alla Scala: LA FINTA GIARDINIERA -Wolfgang Amadeus Mozart, 29 ottobre 2018
LA FINTA GIARDINIERA
Wolfgang Amadeus Mozart
Direttore Diego Fasolis
Regia Frederic Wake-Walker
Personaggi e Interpreti:
- Podestà Kresimir Spicer
- Sandrina Hanna-Elisabeth Müller
- Belfiore Bernard Richter
- Arminda Marie-Adeline Henry
- Ramiro Lucia Cirillo
Scene e costumi Antony McDonald
Luci Lucy Carter
Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici
Produzione Festival di Glyndebourne
“Non si vive di soli capolavori” giustamente scrive Andrea Chegai nelle note del programma di sala “la conoscenza di quelli e un loro più consapevole apprezzamento si irrobustiscono proprio attraverso il confronto pregresso, la tradizione, l’apprendistato.” Ne La finta giardiniera, il diciannovenne Mozart, autore di un catalogo già ricco dovuto ad una maturità artistica precoce, riserba “schegge di genialità ancora sprovviste di sicuro approdo”, citando ancora il Chegai riferendosi, specificamente, alla trilogia Da Ponte, drammaturgicamente sublime.
Non di meno ascoltando quest’edizione “baroccata” con gusto e misura perfetta dal bravisismo Diego Fasolis e dal complesso di strumenti storici suonati con precisione e slancio dall’ottima formazione scaligera, si rimpiange il tempo che fu. E cioè quando, nella dimensione cameristica della Piccola Scala, fu eseguita nel 1970 e poi ripresa nel 1971 con un cast che, tra gli altri, vide il debutto di Daniela Mazzucato ed Enzo Dara nei rispettivi ruoli di Marchesa Violante e di Nardo, alternandosi nel cast tra gli altri a Edith Martelli, Ugo Benelli, Adriana Martino, Adriana Anelli, Lajos Kosma ed un lungo eccetera di formazione italiana.
All’ultima recita del 29 ottobre è stata presa al volo anche dal soprano Marie-Adeline Henry per il salvataggio in extremis della serata, poiché la prevista Anett Fritsch, titolare del ruolo di Arminda, fu colpita da improvvisa indisposizione; giunta alle 19 e salita in scena spartito alla mano ed in un angolo, mentre la pur bravissima assistente alla regia, Lucy Bradley, recitava al suo posto. E quindi la gratitudine per averci risparmiato il ritorno a casa con le pive nel sacco, superi e comprenda qualsiasi giudizio critico. Il resto del cast, musicalmente inappuntabile va specificato, tolta la magnifica prova degli scatenati “servi” Serpetta, la bravisisma e spiritosa Giulia Semenzato, e Nardo, misuratamente comico ed assai ben cantato da Mattia Olivieri, senza essere esaltante era sostanzialmente adeguato, con punte di bravura nella interpretazione di Hanna-Elisabeth Muller, finta giardiniera col nome di Sandrina, sotto cui si cela la fuggitiva Marchesa Violante. Lucia Cirillo, a dispetto di una voce non privilegiata in natura, è parsa suo agio nel ruolo del Cavalier Ramiro, spasimante di Armida. Restano i due tenori: il Contino Belfiore di Bernard Richter dà la misura esatta della attuale situazione del canto mozartiano, specie oltralpe. Corretto, sì, ma anche sprovvisto di speciale fascino vocale, compensato dalla baldanzosa presenza fisica. Messa pure in evidenza, grazie ad una trovata registica che ne improvvisa un comico spogliarello, da Kresimir Spicer, nella parte di Anchise il Podestà, la cui sapidezza in scena e inversamente proporzionale alla voce sgraziata.
Lo spettacolo, proveniente da Glyndebourne, ha un gradevole impatto scenico nel riproporre l’ambiente Rococò, molto austro ungarico e settecentesco, di un’unica stanza con molti praticabili, finestre e porte, a loro volta affacciantesi a esterni ed interni a seconda della necessità drammaturgica. Le scene ed i bei costumi recano la firma di Antony McDonald. La regia di Frederic Wake-Walker, pur dipanandosi senza intralci su una trama senza costrutto e prevedibile dall’inzio alla fine dei lunghi tre atti di Giuseppe Petroselli che riprende una moda dell’epoca, e cioè il fingersi “giardiniere” specie nei ritratti delle nobil donne del tempo, ha la pretesa di sottolineare un’evoluzione psicologica dei personaggi che man mano distruggono l’ambiente di cartapesta che li circonda e che, alla fine, si trovano sulla nuda scena in abiti pressoché fuori dal tempo. Non che avesse tutto un senso, ma il tutto è assai piaciuto al pubblico, non fluentissimo e in clo dopo la rima parte, che ha resistito fino alla fine.
Andrea Merli