Fidenza  IL BARBIERE DI SIVIGLIA – Gioacchino Rossini, 9 dicembre 2017

Fidenza IL BARBIERE DI SIVIGLIA – Gioacchino Rossini, 9 dicembre 2017

L’esperienza di assistere ad un’opera al Teatro Magnani di Fidenza, gioiello architettonico tra i tanti che l’Emilia conserva e conservato con massima cura nel suo splendore di stucchi ed ori Luigi Filippo, va vissuta almeno una volta nella vita e l’Impiccione, appena può, non manca all’appuntamento.

In questo caso con Il barbiere rossiniano che nel 1992 fu la prima opera prodotta e realizzata dall’attuale gestione GPM Marchetti. Una realtà che ci rende orgogliosi della nostra più sana e laboriosa provincia, e a cui risponde soprattutto un pubblico non solo locale che fa registrare sempre il tutto esaurito.

Richiamo irresistibile della serata la presenza di un artista parmense che gode giustamente dell’affetto e stima di tutti I suoi corregionali e non solo: Michele Pertusi nel ruolo di Don Basilio. Ritagliatosi apposta uno spazio nel suo intenso carnet de bal, che lo vede impegnato nei maggiori teatri del mondo, Pertusi si è voluto concedere ai suoi amici più cari e a sé stesso una serata di gioioso divertimento. Parlare della sua simpatia scenica, che gli è valsa pure un’applauso per una gag risolta con estrema arguzia – Basilio è pure cleptomane ed in casa di Don Bartolo riesce a rubare una boccia di profumo dalla toilette di Rosina! – risulta pleonastico non meno che addentrarsi nelle sue qualità vocali che gli permettono una simbiosi totale col carattere del personaggio. E dunque il trionfo è arrivato puntuale e meritatissimo.

Non che gli altri fossero da meno, iniziando dal protagonista Michele Govi, un Figaro baldanzoso, scenicamente scattante e vocalmente generoso, dotato di una vocalità sicura e robusta tanto da risultare insultante per vigore e proiezione nello spazio ridotto del Magnani. La verve scenica ed il dominio dei recitativi han fatto il resto. Bene pure il Conte Almaviva di Alessadro Luciano, tenore contraltino dall’estremo acuto facile e però dal colore pieno quasi baritonale del canto spianato, come il ruolo filologicamente esige. Il travestimento da Don Alfonso, infine, si è rivelato un’esilarante sorpresa per la sua inusuale caratterizzazione nevrotica. La Rosina di Sofia Koberidze, affascinante ragazza elegante e disinvolta in scena, è pure dotata di un’interessante vocalità che ci fa immaginare quanto potrebbe essere pure la ribelle sigaraia sivigliana Carmen. Del Don Bartolo di Romano Franceschetto, specialista del ruolo che ripete il successo di 15 anni fa al Teatro Magnani, va detto che risulta di irresistibile simpatia oltre che assai ben cantato; la giovane Berta di Nadia Munoz si spoglia durante l’aria da sorbetto con fare ammiccante e ciò piace al pubblico. Adeguato il Fiorello e quindi Ufficiale di Giulio Alessandro Bocchi.

Se l’è cavata con onore anche l’Orchestra Filarmonica delle Terre Verdiane condotta con buon ritmo e a briglia sciolta dal Maestro Marco Dallara che ha tenuto a bada pure gli elelenti del Coro dell’Opera di Parma istruiti da Emiliano Esposito. Resta lo spettacolo, vivace ed orgogliosamente tradizionale di Riccardo Canessa che si avvale della scena fissa e dei magnifici costumi di Artemio Cabassi, realizzati da Arte Scenica RE di Stefano Geroli: un altro di quei “miracoli all’italiana” di cui si può e si deve andar fieri.

Andrea Merli

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