BILBAO: I masnadieri – 27 ottobre 2017
I masnadieri
opera lirica di Giuseppe Verdi
tratta dalla tragedia omonima Die Räuber di Friedrich Schiller.
L’opera venne rappresentata la prima volta all’Her Majesty’s Theatre di Londra il 22 luglio 1847, Giuseppe Verdi diresse personalmente questa prima rappresentazione.
Direttore musicale: Miguel Ángel Gómez Martínez
Regia: Leo Muscato
- Carlo: Aquiles Machado
- Amalia: Marta Torbidoni
- Francesco: Vladimir Stoyanov
- Massimiliano: Mika Kares
- Arminio: Juan Antonio Sanabria
- Moser: Petros Magoulas
- Rolla: Alberto Nuñez
Bilbao Orkestra Sinfonikoa
Coro dell’Opera di Bilbao
Direttore del coro: Boris Dujin
scene: Federica Parolini
luci: Alessandro Varazzi
costumi: Silvia Aymonino
produzione Teatro Regio di Parma
Nell’ambizioso progetto “Tutto Verdi” che porta valorosamente avanti la ABAO – Asociaciòn Bilbaina Amigos de la Opera – è stata ora la volta de I masnadieri, opera che ha inagurato la stagione all’Euskalduna Jeureguia e che vi ritorna dopo tredici anni di assenza. Nel 2004, ne diedi ragione in Radio a “La barcaccia” e sulle pagine della rivista milanese “l’opera”, furono applauditissimi Francisco Casanova, Roberto Servile e Fiorenza Cedolins. C’era stato addirittura un precedente, nel 1976, quando la stagione ABAO si svolgeva al Teatro Coliseo Albia, tra gli interpreti Cristina Deutekom e Matteo Manuguerra.
Quasi un’opera di repertorio a Bilbao, questo titolo verdiano che vide la prima al Her Majesty’s Theatre di Londra alla presenza della plaudente Regina Vittoria il 22 luglio del 1847; con un cast d‘eccezione: Amalia il soprano Jenny Lind, celeberrimo “usignolo svedese“, Luigi Lablache nella parte di Massimiliano ed il tenore Italo Gardoni, che sostituì Fraschini, il masnadiero Carlo.
Opera che appartiene di diritto agli “anni di galera” di Verdi e che, stranamente “antica” pure per quei tempi, condizionata com’è da numeri chiusi che si susseguono implacabilmente con arie e cabalette e scarsissima di quegli “assieme” che Verdi prediligeva, piacque e girò per 17 tra i principali teatri italiani – Alla Scala fu eseguita due volte – e pure all’estero: in Francia, in Germania, in Ungheria ed anche a San Pietroburgo col titolo, vai a saper perché, di Adele di Cosenza.
Aneddoti a parte – “di più belli ancor ne so”, parafrasando Butterfly poiché son fresco di prolusione all’opera – questi Masnadieri sono stati accolti da un successo più che cordiale. Lo spettacolo, già recensito in questa rubrica, proviene da Parma passando da Busseto: è l’allestimento firmato da Leo Muscato per la regia, da Federica Parolini per la scena, praticamente fissa, da Silvia Aymonino per i costumi e da Alessandro Verazzi per le luci. Una lettura chiara e didascalica che permette di seguire la trama piuttosto contorta del libretto di Andrea Maffei che, per altro, rimase fedelissimo all’originale di Schiller, trionfo di quel romanticismo esasperato che tanto piaceva al pubblico dei primi anni del XIX secolo e che oggi ci fa sorridere. Tra le perle del libretto, che però a Verdi piacque senza riserve, vi sono frasi affidate al coro ed al tenore, che esordisce con la celeberrima “Quanto io leggo in Plutarco, ho noia ho schifo” e poi continua con la non meno terribile “Vo’ la strage alle mie terga, lo spavento innanzi a me”.
La strage si è abbattuta sul cast, dando forfait in rapida sucessione Carmen Giannatasio, soprano scritturato per il ruolo di Amalia, afflitta da morbo fugace e quindi, a pochi giorni dalla “prima” il giovane tenore Vincenzo Costanzo, colpito da malattia esantematica… e poi c’è chi è contrario ai vaccini! Trovare a tambur battente sostituti per un’opera di rara esecuzione ed in una città che non è proprio dietro l’angolo, è stata impresa che ha tenuto col fiato sospeso il direttore artistico, Cesidio Nino, fino all’ultimo respiro. A questo punto le Amalie scritturate sono state addirittura due, entrambe fresche di ruolo per averlo eseguito nel corso della ripresa del Festival Verdi 2016 a Busseto: Federica Vitali e Marta Torbidoni. Per fortuna Aquiles Machado, tenore venezolano, era impegnato ne Il trovatore nella relativamente vicina Oviedo e dunque ha dato la sua disponibilità, evitando che capra e cavoli finissero… in bocca al lupo!
Onore e gloria innanzitutto al direttore d’orchestra, Miguel Angel Gomez Martinez, di lunga carriera in Spagna ed internazionale, per aver ottenuto la proverbiale quadratura del cerchio con una direzione sicura, spedita e anche indugiante negli aperti cantabili, servendo con fedeltà lo spartito verdiano, dando risalto sia agli spunti brillanti dei cori e delle cabalette, quanto sapendo coglierne la tinta che, specie nel terzo e quarto atto, anticipa comunque quella che caratterizzerà i capolavori a venire. Lo ha seguito assai bene la locale Bilbao Orkestra Sinfonikoa ed il coro maschile istruito con la solita perizia da Boris Dujin.
Nel cast buona la presenza di due validi elementi locali, i tenori Alberto Nunez nel ruolo di Rolla e Juan Antonio Sanabria in quello tutt’altro che marginale di Arminio, che partecipa al quartetto del primo atto oltre che in altri interventi da pertichino. Apprezzato il basso greco Petros Magoulas nella parte del pastore che acorre in soccorso del tormentato Francesco e che non concede, al creduto fratricida e parricida, l’assoluzione: fin troppo facile intravvedere in nuce la figura del Grande Inquisitore del Don Carlo. Imponente, sia fisicamente che interpretativamente, il basso finlandese Mika Kares quale Massimiliano, già applaudito a Parma. L’aria del terzo atto è stata accolto dal più convinto applauso a scena aperta della serata. Vladimir Stoyanov, Francesco, ha la autorevolezza baritonale richiesta dal ruolo del malvagio senza possibilità di redenzione, che si suicida invocando il demonio. Non si dimentica, però, che il ruolo è pur sempre quello di un nobile, seppure assetato di potere e libidinoso – anche lui gratificato dal libretto con frasi memorabili, ad esempio quella che rivolge ad Amalia “Oh no, proterva! Qui starai mia druda e serva” che non ha prezzo – e dunque Stoyanov canta con morbidezza e con linea elegantemente sostenuta.
Marta Torbidoni è stata, impiccionescamente parlando, la rivelazione della serata. Non avevo avuto finora la possibilità e l’occasione di ascoltarla dal vivo e mi ha fortemente colpito per la bella linea di canto, per la tenuta musicale, compreso il canto di agilità che il ruolo certo non le risparmia, e soprattutto per l’abilità nel dosare le dinamiche in suoni aerei, pianissimi seguiti da acuti rinforzati e ben emessi, per una interpretazione vibrante e coinvolgente. Un altro elemento, tra i giovani emergenti, da non perdere d’occhio. Il pubblico l’ha accolta tributandole un vero e proprio trionfo, ampiamente meritato.
Aquiles Machado, infine, va salutato a tutti gli effetti quale “salvator della Patria”! La sua interpretazione coinvolgente e generosa del prode Carlo, masnadiero quasi indotto contro la sua volontà, ha convinto ed è stata, grazie all’ardente fraseggio, alla parola fortemente scolpita nell’accento, il lato prezioso di una medaglia che nascondeva la tensione di un ritorno accelerato ad un ruolo precedentemente affrontato al Teatro di San Carlo di Napoli e anche, verso la fine dell’opera, di un po’ di stanchezza. Ma i cantanti, e non lo si deve mai scordare, sono esseri umani: un fiato più corto, una goccia di saliva per traverso, sono incidenti che non inficiano una prova più che soddisfacente e anche eroica.
Andrea Merli