Bologna:  PETER GRIMES – Benjamin Britten

Bologna: PETER GRIMES – Benjamin Britten

opera in tre atti di Benjamin Britten

ispirata ad un poema (The Borough) di George Crabbe

su libretto di Montgu Slater

Direttore: JURAJ VALČUHA 
Regia: CESARE LIEVI

Personaggi e Interpreti:

  • Auntie: Gabriella Sborgi
  • Balstrode: Mark S.Doss
  • Bob Boles: Paolo Antognetti
  • Ellen Orford: Charlotte-Anne Shipley
  • Hobson: Luca Gallo
  • Mrs.(Nabob) Sedley: Kamelia Kader
  • Ned Keene: Maurizio Leoni
  • Niece 1: Chiara Notarnicola*
  • Niece 2: Sandra Pastrana
  • Peter Grimes: Ian Storey
  • Rev. Horace Adams: Saverio Bambi
  • Swallow: John Molloy
  • Un ragazzo: Carlo Alberto Brunelli, Leonardo Careddu
  • Dr. Crabbe (muto): Amos Colzani

* Scuola dell’Opera del Teatro Comunale di Bologna

 

Scene: Csaba Antal
Costumi: Marina Luxardo
Luci: Luigi Saccomandi
Assistente alla regia: Ivo Guerra
Maestro del Coro: Andrea Faidutti

Approda finalmente al Teatro Comunale di Bologna Peter Grimes, il capolavoro e seconda opera in ordine cronologico di Benjamin Britten, che vide la luce al Sadler’s Well Theater di Londra il 7 giugno del 1945 e che rientra tra le opere più rappresentative dello scorso secolo.

Lo fa con un allestimento mutuato dal Teatro Comunale di Modena, dove vide le luci della ribalta oltre una decina di anni fa: regia di Cesare Lievi, scene di Csaba Antal, costumi di Marina Luxardo e luci di Luigi Saccomandi. Uno spettacolo che, a distanza di tempo, ha sicuramente perso smalto e che presenta l’inconveniente di escludere un elemento determinante: il mare. Il mare, assieme al borgo, e cioè a The Bourough dal titolo del poema di George Crabbe che fornì al librettista Montagu Slater la traccia dell’opera, è protagonista dell’opera, alla stregua di quanto avviene nel verdiano Boccanegra. E se il “borgo”, cioè il coro spesso cristallizzato in scena quasi fosse congelato, è ben rappresentato nella regia che offre pure spunti di interesse – uno per tutti il tratto inusitatamente umano della “zietta” che si sottrae dalla massa nel linciaggio del protagonista – l’assenza dell’elemento naturale, solo in parte rappresentato da un telo di plastica disceso dal soffitto come se di pioggia si trattasse, ha penalizzato uno spettacolo, nemmeno poi favorito dall’illuminazione decisamente piatta, né dalla scena fissa in cui campeggiavano due illuminazioni al neon piuttosto brutte e finanche fastidiose, e dai costumi che, nella loro confusione stilistica, risultano di indefinibile epoca contemporanea. Ciò nonostante il successo ha arriso ai fautori della parte visiva e tanto basti.

Viceversa è piaciuta assai ed a tutti l’esecuzione musicale e vocale che è stata accolta da un autentico trionfo, meritatissimo in specie per quanto riguarda la stupenda direzione d’orchestra sotto la bacchetta del giovane direttore slovacco Jurai Valcuha, attualmente direttore stabile al Teatro di San Carlo di Napoli. L’orchestra del Comunale ha risposto assai bene al suo gesto, chiaro e deciso e la musica di Britten, preziosa specialmente nei sei interludi che costellano la bellissima partitura, sin dall’alba che introduce dopo il prologo il primo atto, seguita dalla tempesta che sottolinea la dura vita degli abitanti del borgo raccolti nel pub “Il cinghiale”, il “Sunday Morning” solare e disteso, il chiaro di luna che suggerisce il riflesso dei raggi sulle onde introducendo il terzo atto. Valcuha ha impresso infine un ritmo narrativo incalzante, traducendo in musica le rarefatte sonorità del terzo atto, quando il coro, benissimo preparato da Andrea Faidutti, in lontananza richiama “Grimes”. Una prova davvero superlativa e un direttore da seguire con attenzione nelle prossime opere in scena a Napoli e nel panorama internazionale.

Il cast è parso tutto all’altezza ed assai ben amalgamato, pur nelle distinte e precise individualità dei personaggi. Inziando dalla bisbetica vedova Sedley, subdolamente impersonata da Kamelia Kader, passando all’ottima Zietta di Gabriella Sborgi ed alle due spigliatissime Nipotine, Chiara Notarnicola e Sandra Pastrana, perfettamente in partre sia scenica che vocalmente: un momento di grande tensione è stato il loro magnifico quartetto, tutto al femminile, al secondo atto. Di grande suggestione lirica la partecipazione del soprano Charlotte-Annie Shipley nel ruolo di Ellen Orford, la maestrina vedova che cerca di salvare Peter Grimes da sé stesso, intensa nei suoi momenti ariosi, pezzi chiusi di forte emotività.

Sul fronte maschile Ian Storey si conferma interprete di riferimento dell’antieroe di Britten. Forte di una vocalità salda, di un colore tenorile denso e corposo, possiede la capacità di piegare la voce in pianissimo e di portarla sui toni del declamato furente senza alterarne la linea di canto e mantenendo una musicalità esemplare. Da un punto di vista interpretativo poi, semplicemente perfetto nel rendere la ruvidezza del personaggio disperato, ma anche nostalgico nella sua brutalità.

Ottimo il Captain Bastrode del baritono Mark S. Doss, che trasmette nella sua voce timbrata e ricca di armonici tutta l’umanita e saggezza del personaggio, l’unico che intuisce la vera disperazione del turbato protagonista. Molto bene tutti i ruoli di fianco, assai ben caratterizzati: dal Reverendo Horace del tenore Saverio Bambi, dal timbro peculiare e mellifluo, al tonante predicatore metodista Boles, il tenore Paolo Antognetti, all’uomo di legge Swallow, nella voce di John Molloy, la farmacista Ned Keene ed al carrettiere Hobson, ben caratterizzati rispettivamente dal baritono Maurizio Leoni e dal basso Luca Gallo. Menzione speciale allo spaurito Boy interpretato plausibilmente da Carlo Alberto Brunelli, il giovane mozzo venduto dall’orfanatrofio a Grimes e che trova la morte precipitando dalla scogliera.

Ripetute le chiamate la sera della “prima” da parte di un pubblico visibilmente entusiasta e soddisfatto.

Andrea Merli

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