Las Palmas di Gran Canaria:  LA FILLE DU REGIMENT – Gaetano Donizetti

Las Palmas di Gran Canaria: LA FILLE DU REGIMENT – Gaetano Donizetti

LA FILLE DU RÉGIMENT

 TEATRO PÉREZ GALDÓS

ABRIL :   Jueves 20, Sábado 22 y  Lunes 24 a las 20h30

 

Direttore: Miquel ORTEGA

Regia: Alfonso ROMERO

Personaggi e Interpreti:

  • Marie: Jessica PRATT 
  • Tonio: Javier CAMARENA
  • Sulpice: José Julián FRONTAL
  • Berkenfield: Graciela ARAYA    
  • Hortensius: Isaac GALÁN 
  • Officiel: Elu ARROYO

 

Scene: Carlos SANTOS

Costumi: Claudio MARTÍN

Luci: José FERNÁNDEZ “Txema”

 

 

ORQUESTA FILARMÓNICA de GRAN CANARIA

CORO  de la ÓPERA  de  LAS PALMAS DE GRAN CANARIA

Direttore del coro:  Olga SANTANA

 Coproducción ACO – GRUPO LOPESAN

 

FOTOGRAFO: NACHO GONZÁLEZ/ ACO


Supportata da solidi Enti Pubblici, tra cui piace ricordare il Municipio di Las Palmas, il Cabildo di Gran Canaria, il Governo Autonomo delle Canarie ed il Patronato del Turismo di Gran Canaria, continua la stimolante stagione ACO al Teatro Pérez Galdos in questo 50esimo anniversario della Associazione e del Festival intitolato ad Alfredo Kraus. E‘ ora il turno di un‘opera che, come del resto gli altri titoli che compongono il cartellone 2017: a seguire Rigoletto in maggio e Werther nel mese di giugno, rappresentò un vero e proprio cavallo di battaglia del compianto Tenore, il quale compirebbe 90 anni il prossimo 25 novembre.

La Fille du Regiment approdò a Las Palmas con due recite che si diedero il 22 ed il 26 febbraio del 1990, segnò il debutto di ruolo del “divo” peruviano Juan Diego Florez, che affiancò la napoletana Valeria Esposito, nel corso di tre serate di giugno del 2001; curiosamente Alfredo Kraus non interpretò il ruolo di Tonio nella sua isola natale.

A compensare l’incolmabile omissione ha provveduto ora un tenore che a buon diritto e per propri innegabili meriti, si impone sulle scene internazionali: Javier Camarena. E mi scusi la pur bravissima ed amatissima e debuttante di ruolo Jessica Pratt se si comincia dal … solito tenore! Che nostante il titolo questa sia opera “da tenore”, seppure il soprano si faccia un bel “mazzo”, tanto per usare un francesismo, non ci piove. E non solo per la fatidica e famigerata aria “dei nove Do”, che nello specifico son poi diventati diciotto in quanto il tenore messicano si è visto costretto a bissare a furor di popolo. Una prodezza a cui Camarena non è nuovo, avendola precedentemente compiuto sia al Metropolitan di New York che al Teatro Real di Madrid e scusate se è poco.

Confesso che, pur avendolo ascoltato più volte grazie alle registrazioni del “Tubo”, era la prima volta che lo udivo dal vivo e ne sono rimasto assolutamente conquistato. A redimimere ogni dubbio di possibile infatuata partigianeria, cito la recensione di Scott Barnes, pubblicata sul numero dell’americana Opera News che a Camarena dedicò la copertina.

Tenore Sensazionale, il titolo: “L’ampiezza della sua voce si somma alla straordinaria bellezza dei suoni gravi e dell’acuto; l’uso della mezza voce, in particolare, ha un suono virile e brunito che si apre nell’ottava superiore” e prosegue “Curato nei recitativi, modula in piano con diminuendo lunghi e sostenuti sulle note acute, notevole uso del rubato di gran gusto, di cadenze e variazioni che hanno sempre una valenza drammaturgica. Potrebbe definirsi “naturale”, ma senza dubbio non c’è nulla di “naturale” nel mantenere l’equilibrio sulla corda della scena teatrale che gli riesce a perfezione. Il termine più idoneo è “sincero”.

Di mio aggiungo che la voce è generosa in armonici, che il canto è curato, l’emissione perfetta e che l’artista, infine, risulta “sincero” sì, di una simpatia e credibilità scenica totali; tutto ciò per quella magia che si definisce carisma e Camarena, a dispetto di un  fisico non apollineo, ne ha da vendere. Il delirio che ha scatenato nel pubblico ha pochi precedenti e non solo sull’Isola.

Felicissima presa di ruolo quella di Marie da parte della “nostra” Jessica Pratt, che consideriamo italianissima nonostante la sua nascita australiana. Un ruolo che le sta a meraviglia perchè il soprano riesce a trasferire nel bizzarro personnaggio della trovatella militarizzata il suo humor genuino, spontaneo e contagioso. Cosa combini nei panni di un meccanico alle prese col motore di una jeep, è difficile da descrivere. Viceversa, l’impiccionata – il secondo atto da un palco di prosecnio invaso dai commilitoni del 21esimo reggimento durante il sopranile “saluto alla Francia! – rende appieno non solo le prodezze tenorili, ma anche le squisitezze del soprano che possiede il dono, riservato a poche, di lanciare acuti radiosi, timbratissimi che scendono al cuore come un balsamo. Prezioso il suo “Convien partir” (in francese ovviamente) ma anche tutto il resto: la sortita con Sulpice, la scena della lezione con la Marchesa ed il nostalgico canto del secondo atto. Pure per lei un trionfo: segnatamente dopo ogni numero chiuso e soprattutto alla ribalta finale.

Successo condiviso da tutta la compagnia dove si è molto apprezzato il robusto e spiritosamente sferruzzante Sulpice del baritono Julian Frontal; bene gli altri: l’Hortensius di Isaac Galàn, la Marchesa di Berkenfield di Graciela Araya, il Caporale e Paesano di Ivan Figueira, il Notaio di Armando Gomes e la Duchessa di Krakentorp, a dire il vero un po’ sopra le righe, di Mari Carmen Sanchez.

Buona la prova del settore maschile del coro dell’Opera – un po’ meno le donne, anche se chiamate a minor impegno – molto sollecitato ed impegnato nella recitazione, istruito come sempre da Olga Santana. Ottima la prestazione della Orchestra Filarmonica di Gran Canaria diretta da Miguel Ortega, un direttore che oltre ad essere fantasioso garantisce sempre un sostegno ideale ai cantanti, essendo oltre che un musicista al quadrato, poichè è pure affermato compositore, pure baritono, come personalmente ho avuto modo impiccionescamente di appurare in tempi ormai remoti.

Resta da dire dello spettacolo, ambientato ai tempi della seconda guerra mondiale: non è una novità. Ci hanno già provato sia Emilio Sagi che Laurent Pelly con ottimi risultati. Col ben costruito impianto scenico di Carlos Santos e con gli altrettanto azzeccati costumi di Claudio Martin, Alfonso Romero, dunque, percorre una strada sicura poiché la drammaturgia e lo spirito dell’opera non solo lo consentono, ma anzi lo pretendono. L’attualizzazione dà risultati sul piano squistamente attoriale, dando una freschezza da Musical all’azione, pretendendo ed ottenendo da tutti una recitazione spontanea, non melodrammatica. Gli è riuscito benissimo e ci si è divertiti anche per la precisa partecipazione di tutti. Personalemente avrei evitato l’animazione della sinfonia – scusi son debolezze… – anche perchè di difficile interpretazione in una presunta trincea ed al buio. Altro difetto, facilmente correggibile in caso di ripresa, la lunghezza dei dialoghi parlati… in francese. Per giunta con alcuni cambi di drammaturgia: per tutti Tonio che minaccia la Marchesa di svelare il segreto della nascita della … nipote! Assolutamente fuori luogo. Tenendo conto che siamo nel lembo africano della Spagna, che nel cast non c’era uno – dicasi uno – di madre lingua francese, la logica porterebbe alla riduzione all’osso del parlato e/o alla sua traduzione (perché no?) in questo caso allo spagnolo; così si sono risolti al Pérez Galdos altri spettacoli: Il flauto magico, Il ratto dal serraglio ed il Pipistrello, tanto per citarne tre. Ma l’opera, risaputamente, è anche una storia di ordinaria follia!

PS La postilla si rende necessaria. Per una domanda retorica: come mai Javier Camarena non è stato tutt’ora ingaggiato alla Scala? E sì che ha mosso i primi passi artistici a Zurigo sotto la direzione di Alexander Pereira, attualmente direttore in Scala. In programmazione nelle prossime stagioni alla Scala: Il pirata, I puritani… io ci farei un pensierino.

Andrea Merli

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