PARMA: la Bohéme – Teatro Regio

PARMA: la Bohéme – Teatro Regio

Scene liriche in quattro quadri su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger

Musica
GIACOMO PUCCINI
Casa Ricordi, Milano

venerdì 10 Marzo 2017, ore 20.00 Abb. Lirica A
domenica 12 Marzo 2017, ore 20.00 Abb. Lirica B
venerdì 17 Marzo 2017, ore 20.00 Abb. Lirica C
domenica 19 Marzo 2017, ore 15.30 Abb. Lirica D

Maestro concertatore e direttore: 

Regia: FRANCESCA ZAMBELLO
ripresa da:  UGO TESSITORE

Personaggi Interpreti: 

  • Mimì: VALERIA SEPE
  • Musetta: CINZIA FORTE
  • Rodolfo:  STEFAN POP
  • Marcello: SERGIO VITALE
  • Schaunard: ANDREA VINCENZO BONSIGNORE
  • Colline: DARIO RUSSO
  • Benoit: MARCO CAMASTRA
  • Alcindoro: MARCO CAMASTRA
  • Parpignol: ENRICO COSSUTTA
  • Sergente dei doganieri: ROBERTO SCANDURA
  • Doganiere: MATTEO MAZZOLI
  • Venditore: GIOVANNI GREGNANIN

Scene: NICA MAGNANI

Luci: ANDREA BORELLI

Maestro del coro: MARTINO FAGGIANI

Maestro del coro di voci bianche: GABRIELLA CORSARO
ORCHESTRA DELL’OPERA ITALIANA

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

CORO DI VOCI BIANCHE E GIOVANILI ARS CANTO “GIUSEPPE VERDI”

Allestimento del Teatro Regio di Parma


Con il repertorio e la consolidata tradizione si va sempre sul sicuro. La riprova al Teatro Regio di Parma, dove si è ripresa La bohéme in un allestimento, al pari di quello firmato da Zeffirelli per la Scala nel 1963, che si può definire tranquillamente storico: una produzione locale, ma che ha girato il mondo dall’ormai lontano 1990 in cui vide il debutto, con le scene fedeli all’iconografia più classica e gli altrettanto perfetti costumi di Nica Magnani – giusto nominarlo per primo – per la regia di Francesca Zambello, ripresa quest’oggi da Ugo Tessitore. Le luci le ha curate alla perfezione Andrea Borelli.

Il pubblico “normale”, il temibile loggione di Parma, si bea e gode facendo passare senza inciampi uno spettacolo che conosce a memoria, prevedibile finché si vuole, ma che lascia traccia per la sua bellezza e coerenza drammaturgica. C’è la povera soffitta, talmente misera da essere addirittura sprovvista del “lettuccio” previsto dal libretto e Mimì muore stesa su un materasso, per terra. C’è un festoso quartiere latino con un imponente caffè Momus, c’è l’innevata barriera d’Enfer con le lattivendole e gli spazzini.

E tanto basti.

C’è una compagnia di canto che riserva non poche e grate sorprese: il debutto di ruolo, dopo un primo abbozzo in forma di concerto, del tenore Stefan Pop nei panni di un Rodolfo “pavarottesco” per voce bella e figura tonda. Canta “all’antica”, cioè con dovizia di colori, dando un senso alla parola cantata e con una dizione perfettibile, ma già così notevolissima essendo lui romeno. Gli acuti, compreso il famigerato Do della “speranza”, sono fulgidi e smaglianti, l’accento vibrante. Ed è subito trionfo già dopo la “gelida manina”. Sorpresa, molto relativa per chi non la conoscesse, Valeria Sepe, Mimì dalla voce calda, avvolgente e assai ben emessa. Un soprano lirico puro, il cui colore scuro può far pensare ad un futuro sviluppo drammatico verso Tosca ed altri ruoli non solo pucciniani, che canta con gusto e partecipazione e che commuove il pubblico nel tragico finale. Sorpresa tutta impiccionesca quella che ha riservato il baritono Sergio Vitale, che finora non avevo avuto il piacere di ascoltare. Bellissimo colore, ampiezza e morbidezza del canto, musicalità notevole ed una presa del personaggio che ne rende tutta la disperata simpatia. Ottimo, da non perdere di vista. Per altro perfetto, anche come figura imponente, a fianco di Rodolfo. Dario Russo, Colline, conferma le sue doti e si ritaglia un meritato applauso dopo l’esecuzione della “Vecchia zimarra”. Assai bene anche lo Scahunard di Andrea Vincenzo Bonsignore, molto apprezzabile anche per la verve scenica. Perfetto ed assai godibile nelle due caratterizzazioni, molto diverse tra loro, il baritono Marco Camastra, prima Benoit e quindi Alcindoro. Cinzia Forte ritorna a vestire I panni soubrettistici di Musetta, dopo aver affrontato un repertorio assai pesante e si pensa a Butterfly, alla Elisabetta del Don Carlo, e lo risolve con grande professionalità e sbarazzina presenza in scena. Bene I ruoli di fianco: Enrico Cossutta, Parpignol, Roberto Scandura e Matteo Mazzoli, doganieri e Giovanni Gregnani con le sue “prugne di Tours”.

Notevole l’apporto dell’orchestra dell’Opera Italiana ubbidiente alla bacchetta di Valerio Galli, il quale, assolutamente controtendenza, predilige I tempi allargati ed ampi, dando così la possibilità di un canto più spianato al palcoscenico. Qui si è distinto, come sempre e nonostante qualche attacco andato per traverso, il coro diretto magistralmente da Martino Faggiani. Così pure le voci bianche, affidate alle cure del soprano Gabriella Corsaro: finalmente bimbi “veri” e non adolescenti, o peggio, soprano adulte bamboleggianti. E così anche “Vo’ la tromba e il cavallin!” ha avuto la sua giusta valenza infantile.

Successo per tutti.

Andrea Merli

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