Martina Franca – 42° Festival della Valle d’Itria: LA GROTTA DI TROFONIO

Martina Franca – 42° Festival della Valle d’Itria: LA GROTTA DI TROFONIO

LA GROTTA DI TROFONIO

 Giovanni Paisiello

 Palazzo Ducale, 31 luglio

 

la grotta di trofonio martina francaIl 14 luglio scorso la 42esima edizione del Festival della Valle d’Itria si è aperta nel cortile del Palazzo Ducale di Martina Franca con la prima esecuzione in tempi moderni di un’opera di Giovanni Paisiello, di cui ricorre il duecentesimo anno dalla morte. Genio musicale pugliese, nato a Taranto – dove per altro la sua casa natale sta andando in rovina senza che nessuno, in primis il municipio, pensi e si occupi all’urgente restauro – ma formatosi musicalmente a Napoli, divenne a cavallo del secolo 18esimo e 19esimo compositore acclamatissimo, oltre che a Napoli ed a Roma, in Russia, a San Pietroburgo alla corte di Caterina II, a Parigi e Varsavia, tanto per citare alcune delle piazze ove soggiornò.

la grotta di trofonio martina francaLa grotta di Trofonio commedia per musica su libretto dell’Abate Giovan Battista Casti e messa in musica da Antonio Salieri era andata in scena  al Burgtheater di Vienna nell’ottobre del 1785, riscuotendo un grande successo anche per la trama che anticipa la situazione del Così fan tutte con certo minor sensualità ma con un tocco di maggiore follia. Rimaneggiato da Giuseppe Palomba, che ebbe la trovata di aggiungere due personaggi – la Ballerina e la Locandiera che inseguono i due perduti amanti, ora spasimanti delle due capricciose figlie dell’aspirante archeologo Don Piastrone – facendo di Don Gasperone un buffo che si esprime in napoletano. Il tutto atto a ripetere il successo viennese, solo due mesi dopo al Teatro dei Fiorentini di Napoli.

Ora, nella revisione realizzata da Luisa Cosi, affidandone la regia ad Alfonso Antoniozzi e con un cast semplicemente ideale, La grotta e Trofonio hanno rinnovato gli antichi fasti e, notizia da annotare a taccuino, verrà ripresa al Teatro di Corte della città partenopea per ben otto recite il prossimo mese di ottobre. In quest’opera, invero assai gustosa, Paisiello si spinge, seguendo l’esempio del Salisburghese, in numerosi pezzi d’assieme che, nella loro organizzata brillantezza anticipano quella rossiniana e garantiscono, con freschezza di inventiva melodica e con un’articolazione dei pezzi a ritmo serrato, un sincero e spontaneo divertimento.

grotta di trofonio martina francaAntoniozzi, con un fantastico team che conosce pochi rivali – scene di Dario Gessati, costumi di Gianluca Falaschi, luci di Camilla Piccioni – ci immerge nella lettura di volumi di filosofia e di vedute della Grecia antica che fisicamente riempiono la scena e vengono sfogliati da una squadra di “ellenici fanciulli” che ci riportano alle immagini scattate a fine secolo scorso dal barone Von Gloeden per soddisfare le sue fantasie con la scusa di ricreare una rustica grecità, impersonata da spaesati carusi siciliani, forse nemmeno consci nella loro ignara semplicità di quanto stesse catturando il malizioso obbiettivo. Don Piastrone e le sue squilibrate figlie ripercorrono i passi di quei turisti, in maggior parte nordici, a caccia di camere con vista e di latini afrori maschili. Con lo stratagemma di uscire ed entrare dalle pagine dei volumi – alla stregua di quanto capitava ai protagonisti del film di Woody Allen “La rosa purpurea del Cairo” – si infilano a ritmo alterno nella grotta del mago che sperimenta strani filtri e polveri magiche. Al punto che nell’ipercinetico finale la “magnifica reggia” che di botto dovrebbe apparire al posto dell’orrido antro, si traduce in un “viaggio” coloratissimo, forse per qualche “fungo” somministrato da Trofonio. I caratteri si cambiano e si mutano reciprocamente: il filosofo diventa un godereccio buon tempone e Trofonio, addirittura, può trasformarsi nel padre delle due fanciulle scombinando tutte le carte in tavola. Si conclude il tutto con un quadruplo matrimonio: il burbero Trofonio decide d’impalmare Madama Bertolina, la vanitosa ballerina e a Don Piastrone non resta che unirsi a Rubinetta, la vogliosa  locandiera.

la grotta di trofonio martina francaE’ il trionfo della buffoneria e del non sense. Antoniozzi però vigila con abile astuzia ammiccando sì ai personaggi del varietà e del cinema italiani, ma senza scadere nella volgarità e nell’effetto gratuito, perseguendo una condizione fondamentale ed irrinunciabile per godere lo spettacolo: la perfetta dizione ed articolazione della parola cantata ed i tempi teatrali, comprese le pause e le inflessioni, per rendere il recitato secco piuttosto che i pezzi di assieme nella loro totale teatralità. Scatena così la complicità del pubblico, partecipe oltre che con continui ed insistenti applausi a scena aperta, con irrefrenabili risate.

La recensione si riferisce alla seconda, ed unica replica martinese, del 31 luglio. Il cast, come si è anticipato, non poteva essere migliore, iniziando dalla giovani leve, istruite a dovere ed assolutamente in parte, sia scenicamente che vocalmente. L’elegante e manierato damerino Artemidoro, dotato di  bel timbro tenorile, Matteo Mezzaro, l’agguerrita tecnicamente Eufelia del soprano Angela Nisi, perfetta nel ruolo della occhialuta studiosa di filosofia, la esuberante Dori interpretata dalla travolgente Benedetta Mazzucato (che, va detto subito, non nè figlia nè parente della più celebre Daniela) e la polposa, anche fisicamente, locandiera di Caterina Di Tonno, spiritosissima e gustosa nella sua aria cantata in mezzo alla platea.

la grotta di trofonio martina francaTra i “veterani“, anche se di età ed esperienze ben diverse, festeggiatissimo il Don Piastrone di Giorgio Caoduro, brillante baritono, squillante in acuto e assai credibile nella parte di uno spaesato padre con l’urgenza di liberarsi delle due figliole, quasi fosse il Don Magnifico rossiniano. Strepitoso ed irresistibile per comunicativa spontanea e veracità napoletana, pur essendo egli pugliese, Domenico Colaianni, presenza irrinunciabile al Festival e che con il suo comicissimo Don Gasperone ha ripetuto il trionfo ottenuto nelle precedenti edizioni con il Crispino e la comare dei Ricci e con il Don Gnecco di De Giosa.

la grotta di trofonio martina francaE quindi la “strana coppia” costituita dall’imponente Trofonio di Roberto Scandiuzzi, che qui si diverte a fare il buffo, ma senza rinunciare ad essere monumentale pure come mago, sia per la voce che per la scena e dalla esuberante Madama Bartolina di Daniela Mazzucato, sorpredente al suo debutto a Martina Franca per freschezza ed agilità di cantante e ballerina, impersonata con quella verve che la contraddistingue nei ruoli brillanti e che, nella sua eccleticità, la rende personaggio unico sulla scena italiana e non solo. Cosa abbiano combinato i due, assieme agli altri ben inteso, nell’animare anche mimicamente i recitativi, le arie e gli assieme e difficile da descrivere. Basti dire che abbiamo ricevuto, pure noi del pubblico, una lezione magistrale di un’arte, quella di tener la scena, che andrebbe studiata e presa ad esempio da tutte le accademie.

Infine la buona prestazione dell’Orchestra Internazionale d’Italia diretta con buon piglio da Giuseppe Grazioli il quale, in accordo col regista, ha proceduto solo a qualche breve accorciamento dei recitativi secchi, ma da cui ci si sarebbe aspettati un maggior brio, specie nelle arie solistiche. Nell’insieme comunque, un lavoro apprezzatissimo da tutti e che, sicuramente, si potrà gustare ancor meglio al chiuso, a Napoli. Dove, potete scommetterci, si tornerà ad “impiccionare”.

Andrea Merli

 

 

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