Martina Franca – 42°Festival della Valle d’Itria: DON CHISCIOTTE

Martina Franca – 42°Festival della Valle d’Itria: DON CHISCIOTTE

DON CHISCIOTTE

Giovanni Paisiello

Matera, 28 luglio 2016

 

Riferisco in ordine cronologico di sequenza gli spettacoli a cui si è potuto assistere in questa 42esima edizione del Festival della Valle D’Itria, in vero assai succosa, ricca di “repechages” in linea con la gloriosa ed indefessa tradizione della manifestazione.

La prima occasione ci è stata offerta, appena giunti nella spettacolare cittadina barocca, con una prima trasferta a Matera, dal prossimo anno nominata città di cultura europea e con cui l’organizzazione del Festival, capeggiata dall’inesauribile Prof. Punzi e sotto la direzione artistica di Alberto Triola, ha già dallo scorso anno preso accordi per profique trasferte di spettacoli.

In questo caso ad ospitare il gioiello di Giovanni Paisiello, di cui quest’anno ricorre il duecentesimo anniversario della morte, la Masseria Fortificata San Francesco, situata in mezzo alla campagna alle porte della stupenda “città dei sassi”. Masseria forse un tempo, ora prestigioso e confortevole albergo con poche, ma lussuosissime camere, posto su un terreno terrazzato, sovrastata da una torre antica – la “fortezza”, appunto, con vista mozza fiato dal giardino che comprende una piscina immersa nella natura, perfettamente integrata.

In quello che, con ogni probabilità, un tempo era il cortile in cui si raccoglievano le messi e su cui transitavano i carri, il regista Davide Garattini (videointervista)  ha disposto un attrezzo essenziale, mutuato tra l’altro da altri spettacoli prodotti dal Festival. La prerogativa di questo Don Chisciotte, affidato a giovanissimi ed altrettanto preparati interpreti, sta nell’essere uno “spettacolo a costo zero”: una realtà che, coi magri tempi che corrono, sembra sarà un po’ la regola, specie per i giovani talentuosi che si devono destreggiare con le loro prime regie. Garattini ne ha dato precedentemente prova con almeno due interessanti produzioni, realizzate per il Piccolo Festival del Friuli Venezia Giulia: l’anno scorso il mozartiano Don Giovanni, visto nel piazzale delle milizie del Castello di San Giusto a Trieste, e quest’anno con un Barbiere rossiniano allestito alla Villa Manin di Passariano e quindi portato in giro per la regione: figuriamoci, fatto con le cassette della frutta!

Ciò comporta che i registi alle prime armi, si fa per dire, in attesa di mezzi più cospicui debbano aguzzare l’ingegno. Ed ingegno il buon Davide ne ha da vendere. Per l’occasione si è inventato una sorta di centro di recupero per una “malattia” oggi ahinoi molto diffusa: la dipendenza da “telefonino”. E dunque la locanda in cui il libretto di Giovanni Battista Lorenzi, molto liberamente tratto dal Don Quijote di Cervantes – di cui pure quest’anno si celebrano i 400 anni dalle morte – è popolata da infermiere. Nell’ordine, le popolane Carmosina, Cardolella e Ricciardetta, che devono tenere a bada e sedare due nobildonne, la Contessa e la Duchessa ed i loro insistenti spasimanti, Don Platone e Don Calafone. Sancio Panza, infermiere pure lui, è il “badante” – si direbbe oggi – del “puro folle” Don Chisciotte, che è l’unico a leggere un libro, oggetto preso di mira  dagli altri con goliardico “bullismo”, pressocché misterioso ai più.

I nobili, coadiuvati dalle popolane, sbeffeggiano la coppia costituita dal cavaliere dalla “triste figura” e dal suo fido scudiero, bonaccione e sempre affamato. Ne scaturisce uno spettacolo brioso e molto coinvolgente, poiché si sviluppa in mezzo al pubblico che partecipa, così, all’azione.

Musicalmente ben servito da una compagnia affiatatissima, dove tutti sono da lodare: iniziando dal bravo protagonista, il tenore spagnolo David Ferri Durà, continuando col Sancio reso con comica vivacità dal promettente baritono Salvatore Grigoli. Impagabili le due nobili dame, “almodovariane” nella loro isterica e surreale caratterizzazione: Il soprano napoletano Alessandra Della Croce ed il soprano israeliano Shiri Hershkovitz, impegnate entrambe in arie di puntuta difficoltà vocale. Assai divertenti nella loro stravaganza il tenore Nico Franchini, Don Calafone ed il basso, pure spagnolo, Iosu Yeregui, Don Platone, improbabile filosofo. Spagnola, ma spigliata nella parlata napoletana, pure la Carmosina di Rosa Garcia Rodriguez e molto brava la Cardolella di Alessandra Torriani. Episodico il personaggio di Ricciardetta, puntualmente eseguito da Cristina Fanelli, ma per volontà del regista tutti erano sempre – o quasi sempre – di scena.

Una menzione speciale meritano i costumi, fantasiosissimi specie nel secondo atto, disegnati da Giada Masi, presenza sempre preziosa in ogni spettacolo di livello. Qualche riserva, piuttosto, sulla riduzione della parte orchestrale a cinque corde ed un pianoforte. Certo funzionale nelle trasferte e per l’esecuzione in luoghi sprovvisti di “golfo mistico”, ma certo penalizzante la rigogliosa scrittura di Paisiello, qui particolarmente ispirato e divertente. Ciò nonostante il successo ha coinvolto pure il solerte Maestro Ettore Papadia, che ha diretto dal pianoforte l’Ensamble dell’Orchestra ICO della Magna Grecia. Un’accoglienza calorosa è stata riservata da parte di un pubblico che non ha lesinato applausi a scena aperta, pur barbellando dal freddo, visto il rigore della notte stellata tra i “sassi” di Matera. Ad majora!

Andrea Merli

 

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