Torino, 23 marzo 2016 CENERENTOLA – Gioachino Rossini

Torino, 23 marzo 2016 CENERENTOLA – Gioachino Rossini

CENERENTOLA

Melodramma giocoso in due atti
Libretto di Jacopo Ferretti
dal racconto Cenerentola di Charles Perrault
Musica di Gioachino Rossini

 

Direttore d’orchestra e maestro al fortepiano: Speranza Scappucci
Regia: Alessandro Talevi

Personaggi  e Interpreti:

Angelina, sotto il nome di Cenerentola, figliastra di Don Magnifico: Chiara Amarù, Daniela Pini (18, 22, 24) Teresa Iervolino (19)
Don Ramiro, principe di Salerno: Antonino Siragusa, Giorgio Misseri (18, 22, 24)
Dandini, cameriere di Don Ramiro: Paolo Bordogna. Davide Bartolucci (18, 22, 24)
Don Magnifico, barone di Montefiascone: Carlo Lepore, Marco Filippo Romano (18, 22, 24)
Alidoro, filosofo, maestro di Don Ramiro: Roberto Tagliavini, Simon Lim (18, 22, 24)
Clorinda, figlia di Don Magnifico: Giuliana Gianfaldoni
Tisbe, figlia di Don Magnifico: Loriana Castellano

Scene e costumi: Madeleine Boyd
Luci: Matt Haskins riprese da Andrea Anfossi
Assistente alla regia: Anna Maria Bruzzese
Maestro del coro: Claudio Fenoglio

Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Allestimento Teatro Regio (produzione originale Malmö Opera)
Novità per l’Italia

“Appariscente e fresca sempre! Cenerentola, sempre, sempre la stessa!” Parafrasando – è un po’ una mia mania – la de Coigny dello Chénier, si può sintetizzare così lo spettacolo giunto dalla svedese Malmo Opera e firmato per la regia dall’ingegnoso Alessandro Talevi, con le scene ed i costumi di Madaleine Boyd e le luci di Matt Haskins, molto opportunamente riprese da Andrea Anfossi.

La Cenerentola (Amarù, Bordogna, Lepore, Siragusa, Tagliavini)_1182Gli orpelli ottocenteschi cedono il passo alla suburbana modestia di un bilocale al primo piano, a cui si accede dalla cantina lavanderia tramite una stretta scaletta, in una casa di ringhiera della periferia romana –ammesso che ivi ve ne siano, di case di ringhiera, ben inteso- dove si svolge buona parte dell’azione, tutti gli interni in casa di Don Magnifico, presentato qui come uno sbruffone ed attempato tamarro, tra fornelli e TV con relativo divano stipati nel ballatoio. L’idea in sé potrebbe funzionare, il rischio caso mai è di pestarsi i piedi l’un l’altro e di fare a gara per porsi in posizione da cui si possa vedere il direttore in buca. Magari non in uno spazio così vasto come quello del palcoscenico del Teatro Regio, dove l’azione rimane confinata in alto ed a sinistra rispetto allo spettatore, obbligando quelli nei palchi e nei posti laterali a… tirare il collo!

La Cenerentola (Bordogna e Siragusa)_1108E dicasi “romana” poiché il castello del Principe Ramiro, qui attore famoso e preso di mira dalle fans, è uno studio cinematografico di Cinecittà. Angelina, la cenerentola rossiniana, sogna di diventare una diva e davanti alla TV imita le pose delle “veline” che pubblicizzano i detersivi, ma non osa dichiararlo alle sorelle che anzi accompagna ad un provino dove, guarda caso, la prescelta sarà lei. Non si capisce il perché, almeno a me sfugge il motivo, piuttosto dello scambio di abiti tra Don Ramiro e Dandini e diventa molto pretestuoso tutto il contesto “cinematografico” con tutta una serie di controscene e figurazioni che sporcano l’azione – il solito horror vacui di cui soffre la maggior parte di coloro che fanno il “teatro di regia” – anche se divertono il pubblico: per esempio l’orango della pubblicità del Crodino che rapisce, alla stregua di King Kong, una bella e prosperosa comparsa. Tutte animazioni che sembrano più adatte all’eventuale trash sboccato delle Convenienze donizettiane, ma che con l’armonia e l’architettura musicale di Rossini centrano poco, quando non disturbano.

Detto ciò, va pure detto che il pubblico si è divertito assai e tanto basta ad assolvere tutto e tutti.

La Cenerentola (Lepore)_1219Merito soprattutto di una versione musicalmente succosa, diretta con buon piglio da Speranza Scappucci che rompe così il tabù che la bacchetta deve essere impugnata necessariamente dai maschi. In realtà c’è pure Elisabetta Maschio, bravissima e solida professionista, ma il cognome – si perdoni la facile battuta – l’aiuta. Bene l’orchestra, ottimo il coro maschile anche nella disponibilità alla caratterizzazione scenica e bravo Claudio Fenoglio che lo dirige.

Ma le perle, tutte bianche e preziose, stavano in un cast di altissimo livello. Iniziando dalla protagonista, Chiara Amarù, di cui impiccionescamente ho seguito i primi passi proprio in questo ruolo in quel di Bologna e che di Angelina fa una creazione gustosissima, sia per la preziosa vocalità brillante in acuto, a suo agio nelle agilità e dotata di un timbro prezioso, intenso e vellutato, “all’italiana” per intenderci. Si disimpegna molto bene anche scenicamente, sebbene la statura non imponente ed il fisico pienotto non siano i più adatti a questa concezione registica. Lo stesso dicasi di Antonino Siragusa, un Don Ramiro dalla voce penetrante ed “in avanti” ove ve ne siano, che fa sfoggio di Re sovracuti con estrema generosità e tenuta, piegando la voce anche al cantabile da innamorato. Brave e spiritose le due sorellastre, il soprano Giuliana Gianfalone Clorinda e il mezzosoprano Loriana Castello, Tisbe. Bravissimo, nel relativamente breve, ma impegnativo ruolo di Alidoro il basso Roberto Tagliavini, che ormai è un punto di riferimento sicuro non solo in Rossini e che ha cantato benissimo la tremenda aria “La del ciel” (curiosamente nel programma di sala viene riportato il testo dell’aria composta dall’Agolini “Vasto teatro è il mondo”!) banco di prova di ogni rossiniano che si rispetti.

La Cenerentola (Lepore, Siragusa, Amarù, Bordogna, Castellano)_1371Però la palma della vittoria mi permetto di assegnarla ai due buffi, davvero irresistibili entrambi per dovizie vocali e sceniche: il basso Carlo Lepore, un Don Magnifico che ripercorre idealmente il tragitto del suo Maestro Paolo Montarsolo, enorme in questo ruolo che ebbi modo a più riprese di apprezzare in teatro, ma con una voce, se possibile, ancor più rigogliosa e timbricamente più grata; il baritono Paolo Bordogna, Dandini in quest’occasione (ma il suo Don Magnifico imitando Andreotti a Bologna ce l’ho tutt’ora stampato nella memoria) bestia da palcoscenico che ha talento istrionico da vendere, dotato di una voce che sa piegare in mille ed una inflessioni, senza tralasciare una sola nota però, senza gigioneggiare mai e anzi arricchendo la sua prestazione con una mimica ed un’agilità, anche fisica, che conquistano. Entrambi accomunati al resto del cast da applausi trionfali alla sortita finale con un pubblico, quello che fama vuole molto compassato al Regio torinese, che non se ne voleva più andare via. E sono soddisfazioni pure queste.

Andrea Merli

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