XLI Festival della Valle d’Itria – Martina Franca DON CHECCO 31-07-2015

XLI Festival della Valle d’Itria – Martina Franca DON CHECCO 31-07-2015

Don Checco

Opera buffa in due atti

Libretto di Almerindo Spadetta

Revisione di Lorenzo Fico

  •  maestro concertatore e Direttore d’orchestra: Matteo Beltrami
  • Regia: Lorenzo Amato

 

  • donchecco5Bertolaccio: Carine Monaco
  • Fiorina: Carolina Lippo
  • Carletto: Francesco Castoro
  • Don Checco: Domenico Colaianni
  • Roberto: Rocco Cavalluzzi
  • Succhiello Scorticone: Paolo Cauteruccio
  • Scene: Nicola Rubertelli
  • Costumi: Giusi Giustino
  • Disegno luci: Franco Machitella
  • Coreografie:  Giancarlo Stiscia
  • Maestro del Coro: Cornel Groza

Coro della Filarmonica di Stato “Transilvania” di Cluj-Napoca

Orchestra Internazionale d’Italia

Coproduzione del Festival della Valle d’Itria e della Fondazione Teatro di San Carlo di Napoli

 

Cedo la parola al collega Domenico Gatto con cui, ancora una volta, concordo nel giudizio delle opere viste assieme a Martina Franca la scorsa estate

Andrea Merli

Grandissimo successo ha riscosso al XLI festival della valle d’Itria di Martina Franca la messa in scena del Don Checco di Nicola De Giosa, opera buffa composta nel 1850 ed andata in scena al Teatro Nuovo di Napoli dove ottenne un successo clamoroso visto che fu rappresentata per 96 repliche e fu l’opera comica preferita da Ferdinando di Borbone che voleva sempre assistere ogni volta che veniva rappresentata.

don checco2Il soggetto è tipico della tradizione buffa partenopea: Fiorina, figlia dell’oste Bartolaccio ama, riamata, il garzone del padre, Carletto. Il pittore Roberto esorta inutilmente Bartolaccio a far maritare la figlia, ma egli rifiuta e licenzia il giovane. Nel frattempo, giunge all’osteria un povero diavolo, Don Checco Cerifoglio, sfrattato per morosità ed inseguito da un esattore, Succhiello Scorticone. Per una serie di equivoci, Don Checco viene scambiato per il Conte De’ Ridolfi, signore della zona, sotto mentite spoglie facendo fede alla fama che lo precede di nobile eccentrico. I due giovani fidanzati sperano che egli possa intercedere con Bartolaccio affinché acconsenta al loro matrimonio. L’oste informato della vera identità del suo ospite sta però per cacciarlo e il malcapitato sarebbe di certo arrestato da Succhiello, se nel frattempo un fattore non avesse portato un foglio: in esso, firmato dal vero Conte De’ Ridolfi, che si rivela essere il pittore Roberto, si legge che i debiti di Don Checco vanno considerati estinti e, finalmente, che i due giovani innamorati potranno sposarsi grazie ad una cifra messa a disposizione dal nobiluomo. Tutti esultano e l’opera si chiude con un esilarante elogio dei debiti, che rendono la vita più comoda, da parte di Don Checco.

 

Grazie alla musica di De Giosa questa divertente farsa si conferma un gioiello e si rimpiange la lunga assenza dalle scene. A far passare all’oblio quella che fu l’opera buffa più rappresentata durante l’800, ove si alterna il canto al parlato, fu con ogni probabilità l’incipiente successo dell’operetta.  Genere che quest’opera, congiuntamente al Crispino e la comare dei fratelli Ricc non a caso coeva, anticipa chiaramente. Onore al merito del Teatro San Carlo di Napoli aver restituito lo scorso anno al pubblico partenopeo questo tesoro dimenticato, con una produzione andata in scena nel teatrino di corte del Palazzo Reale ed ora ripresa qui a Martina Franca, per il sollazzo diverto e genuino degli spettatori.

donchecco3

Matteo Beltrami a diretto in modo eccellente l’Orchestra Internazionale d’Italia, riuscendosi a calare alla perfezione nei ritmi rossiniani della musica, ricca di spunti melodici facile ed orecchiabili, ma anche di una sua raffinatezza che fa tesoro dell’esperienza donizettiana, garantendo magistralmente tutta la verve dello spartito.

 

Di pari effetto la regia di Lorenzo Amato, dal ritmo incalzante che ha reso la farsa scenica in tutta la sua originale freschezza, ottenendo una recitazione godibile pure dall’ottimo coro maschile della Filarmonica di Stato “Transilvania” di Cluj-Napoca. Una regia spensierata ed allegra che gli spettatori hanno seguito con evidente compiacimento, sottolineando con risate con applausi a scena aperta i momenti più comici. Ben realizzato l’interno della locanda, scena fissa in cui si svolge tutta l’azione, firmato da Nicola Rubertelli e così i costumi atemporali, ma azzeccatissimi, di Giusi Giustino.

 

donchecco4Autentico Trionfatore della serata è stato Domenico Colaianni nel ruolo che da il titolo all’opera. Il personaggio di Don Checco sembra sia stato scritto appositamente per lui. In una parte tutta in napoletano, che ha pronunciato in modo perfetto e con tutta la musicalità che questa lingua contiene, dai ritmi serrati, con la difficoltà aggiunta di passare continuamente dal canto al parlato. Colaianni si è rivelato vorticoso anche nei frequenti sillabati che infarciscono l’opera culminando nel curioso rondò finale, una tantum affidato alla voce di un buffo, che ha suscitato l’entusiasmo del pubblico.

 

don checco1Accanto a lui il Bertolaccio di Carmine Monaco, dotato di una voce sonora ed autorevole, si è rivelato la spalla perfetta, interpretando il ruolo dell’oste burbero in modo ottimo, creando col Colaianni dei siparietti divertentissimi. Carolina Lippo è stata una fresca e pimpante Fiorina, interpretata con verve, malizia e la sfrontatezza che si confanno ad una primadonna napoletana. Accanto a lei il tenore Francesco Castoro, dal timbro gradevole ed allievo di Colaianni, ha reso molto bene Carletto, classico ruolo di innamorato un po’ imbranato: una sorta di Nemorino alla … De Giosa. Ottima la prova di Rocco Cavalluzzi nel ruolo del conte Roberto, che si presenta prima quale pittore bohémien ed alla fine addirittura travestito da donna e smanceroso. Saporita pure la caratterizzazione che Paolo Cauteruccio ha offerto nei panni dell’esattore Succhiello Scorticone.

 

Trionfo finale per tutti, ma in particolare per Domenico Colaianni. Soprattutto c’è da augurarsi che la riscoperta di Don Checco prosegua il suo percorso in altri teatri, italiani ed esteri.

 

Domenico Gatto

 atto primo
 atto secondo

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